In un Paese con poco più del 24% (quasi un quarto!) della popolazione al di sopra dei 65 anni (Fonte: Rapporto annuale ISTAT 2023), in cui molti giovani sono costretti ad emigrare dai loro territori d’origine per lavorare nelle grandi città, lasciando le famiglie lontane e gli anziani soli, il lavoro di colf e badanti diventa sempre più importante.
Costruire un rapporto di fiducia, professionale e personale, con le persone che si prendono cura nei nostri anziani o che, più semplicemente, aiutano le nostre famiglie nel lavoro quotidiano, è fondamentale. Un rapporto di lavoro regolare serve a far sì che il lavoro di cura venga svolto nel migliore dei modi, garantendo tranquillità tanto alle famiglie quanto ai lavoratori domestici, che si vedono riconosciuti gli istituti che spettano tanto a loro quanto a tutte le categorie di lavoratori.
Quando si rivolgono a noi, i privati che intendono assumere una colf o badante hanno più o meno gli stessi dubbi.
Regolarizzare il rapporto di lavoro fa paura perché sembra caricare le famiglie di oneri fiscali troppo gravosi: con questo articolo vogliamo dare risposta a queste prime domande per far sparire le paure e garantire al rapporto di lavoro regolarità e, soprattutto, serenità per entrambe le parti.
Lavoratori domestici: contratto a tempo determinato o indeterminato?
Un tempo determinato può sembrare più prudente: quando si tratta di un lavoro così delicato è facile che non si crei sintonia tra chi assiste e la persona che viene assistita o che, in caso di badanti extracomunitarie, dopo un periodo di lavoro la persona pianifichi il rimpatrio. Eppure, stipulare un contratto a tempo indeterminato consente di pagare meno contributi e di godere comunque della possibilità di rescindere facilmente il contratto. Infatti, anche con un contratto a tempo indeterminato entrambe le parti possono interrompere il rapporto di lavoro dando dagli 8 ai 15 gg di preavviso, a seconda del numero di ore settimanali e dall’anzianità lavorativa.
Quante ore settimanali?
Spesso esiste la tentazione di dichiarare meno ore settimanali di quelle realmente svolte o di ridurre l’orario lavorativo per pagare meno contributi.
Non tutti sanno, però, che meno ore si dichiarano meno costi è possibile dedurre. Oltre al rischio più frequente di andare incontro a vertenze sindacali.
Cassa colf: sì o no?
Aderire alla Cassa Colf, lo strumento che il CCNLD ha messo a disposizione dei lavoratori domestici per servizi di assistenza, integrativi ecc, non è obbligatorio: nonostante ciò, il datore di lavoro è comunque tenuto a coprire la lavoratrice in caso di infortunio o malattia e, se non ha versato le quote previste a Cassa Colf, si troverà a doverlo fare di tasca propria al presentarsi dell’evenienza.
Aderendo a Cassa Colf, invece, il valore orario della contribuzione dovuta è pari a 0,06 centesimi di euro, di cui solo 0,04€ a carico del datore di lavoro. Conviene aderire, no?
E se non posso permettermi un/a badante?
Aggiornate da pochissimo le agevolazioni per l’assunzione di lavoratori domestici nel limite massimo di 3.000€ annui: previsto lo sgravio totale dei contributi previdenziali e assicurativi per i datori di lavoro con ISEE inferiore a 6.000€. Una fetta della popolazione molto ridotta, ma che in caso di bisogno può godere di questa piccola agevolazione.