Lo smart working non nasce con il Covid: del 2017 la prima legge (la n. 81 del 22 maggio) che regolamenta il lavoro cosidetto agile, normativa cui ancora oggi facciamo riferimento, nonostante per un periodo anche piuttosto lungo sia stata superata dalle deroghe emergenziali per il Covid-19.
Per lungo tempo, le deroghe hanno facilitato l’accesso allo smart working dei dipendenti, rendendolo un diritto in caso di lavoratori fragili e con figli under 14.
Nonostante dal 31 marzo 2024 l’emergenza non sussista più, una volta ripensati forzatamente gli spazi e resi maggiormente autonomi i dipendenti, per molte aziende è stato difficile tornare indietro (nel 2023, 2,8 milioni i lavoratori in smart working secondo Istat). Le principali motivazioni? Costi abbattuti, efficienza lavorativa aumentata e lavoratori non più disposti ad accettare un contratto completamente in presenza (per lo meno quando la specificità del lavoro non lo richiede) per un oggettivo miglioramento del work-life balance (fonte: Employer Brand Research 2022 di Randstad).
Come devono comportarsi, dunque, i datori di lavoro che vogliano assumere lavoratori in smart working?
Differenze tra lavoro agile e telelavoro
Innanzitutto, facciamo chiarezza: quello che comunemente viene chiamato smart working in Italia è il cosiddetto lavoro agile, regolamentato appunto dalla legge 81/2017.
Si tratta di una particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, a tempo deteriminato o indeterminato, stabilito grazie a un accordo tra le parti, che si può eseguire in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, il più delle volte con l’utilizzo di strumentazione tecnologica fornita dall’azienda.
Diverso è il telelavoro, che sposta il luogo di lavoro dall’ufficio all’abitazione (o comunque ad un luogo stabilito), con un orario fissato ed un luogo definito, senza quindi la flessibilità prevista dal lavoro agile.
Lavoro agile: cosa bisogna fare in fase di assunzione
Innanzitutto il datore di lavoro deve prevedere questa modalità lavorativa e accordarsi con il lavoratore in tal senso. Non esiste il diritto allo smart working per le categorie fragili e per chi ha figli al di sotto dei 14 anni ma, laddove il datore di lavoro prevedesse la modalità agile, questi avrebbero comunque una precedenza. Infatti, se è vero che le misure emergenziali si sono concluse, la legge di bilancio e le ultime modifiche al CCNL commercio hanno fatto proprie le linee guida del Protocollo Nazionale sul Lavoro in Modalità Agile del 2021 che facilitano l’accesso a smart working.
Gli accordi devono fissare la durata del collocamento in modalità agile e stabilire le regole per l’eventuale recesso, definire le modalità (tempo, durata, frequenza, eccetera) di svolgimento della prestazione e con quali procedure è attivabile (se attraverso accordi specifici in cui si decidono determinati giorni in ufficio e altri no o comunicandolo settimanalmente via email, ad esempio). L’ accordo deve regolare il diritto alla disconnessione, individuando quando il lavoratore non è tenuto a essere connesso agli strumenti digitali di comunicazione con l’azienda a tutela di entrambe le parti. Un aspetto che le recenti modifiche al CCNL del commercio hanno considerato, fornendo linee guida volte a sottolineare come la modalità di lavoro agile si distingua per la sua natura per obiettivi raggiunti e non per ore lavorate. Altrettanto importante è la disciplina degli strumenti informatici messi a disposizione dall’azienda e quelli forniti dal lavoratore, altro argomento delicato perché il lavoratore necessita di esser dotato della strumentazione che efficienti il suo lavoro, ma al contempo la modalità agile non prevede l’obbligo di una struttura fisica in cui lavorare e dunque alcune forniture per forza di cose sono messe a disposizione dal lavoratore stesso.
Benefit e buoni pasto: come funziona con chi lavora in smart working?
Lo abbiamo già specificato in questo articolo, la distribuzione di bonus e fringe benefit non si differenzia rispetto ai lavoratori che non usufruiscono di lavoro agile. Tutto è definito dalle parti in sede di contrattazione: se il datore reputa di voler integrare lo stipendio con benefit e bonus a trarne vantaggio è il rapporto di lavoro, indipendentemente dal fatto che sia agile o meno.
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